Associazione culturale Osmosis presenta al Godot il terzo artista, Andrea Paganini.
Da un grafico di professione ci si aspetterebbe un segno pulito, lineare e inscritto nella forma. E invece Paganini, usando materiali incollati, stratificati (legno, metallo, colla, bitume, gomma…) ne oltrepassa i limiti e così i bianchi e i neri, cielo e terra si compenetrano dando vita a pulviscoli di luce, a punti, macchie o colate di colore che ci rimandano al centro energetico emanato da questa interazione.
Siamo nello spazio, nel mondo dell’idea dove il tempo è eterno, o inesistente.
Questi animali devono ancora discendere sulla Terra o se ne sono andati, entrando in un’altra dimensione? Non ha importanza, l’energia non conosce limiti temporali.
Uscendo dalla linea di demarcazione, Paganini sonda profondità abissali (la medusa), il suo lunare rinoceronte è l’essenza del rinoceronte stesso – il suo spirito -, le corna del cervo sono antenne tese a captare un messaggio del cosmo, nella maschera del gorilla è nascosto un essere umano, l’elefante è un elefante, un fossile oppure un’idea scritta eternamente nell’universo?
La forma racchiude, nasconde codici misteriosi che siamo chiamati a decifrare per avvicinarci all’essenza o a una nostra visione più profonda. Che va oltre i confini.
Circolo Godot
giovedì 13 gennaio 2011
mercoledì 8 dicembre 2010
VITRIOL
Il ciclo espositivo di Osmosis presenta al Godot il suo secondo artista, Pierre Achiary.
L’artista francese, approdato in Italia nel 1987, diplomato al Conservatorio e unico borsista europeo selezionato per studiare canto dal maestro Arrigo Pola alla Scuola Pavarotti, ha scelto un destino diverso, per “caso” o necessità, spinto dal suo spirito ribelle che lo vede costantemente in cammino. Ha frequentato la scuola di vela di Grenans per diventare skipper e istruttore. Ha fondato un’associazione di velo-solidarietà per promuovere crociere destinate a disabili e persone in difficoltà psicosociale, ha creato un teatro sperimentale e un circolo ippico per disagiati. Si è laureato in psicologia alla Sorbona e contemporaneamente ha iniziato a dipingere, forsennatamente. Per cogliere, per entrare in contatto con l’origine e il punto di partenza del tutto. Il SENSO PRIMIGENO. Per cercare di abbattere il confine fra conosciuto e sconosciuto, materia e antimateria, visibile e invisibile ma non impercettibile, per ritrovare dimensioni dimenticate – cancellate volutamente dal potere – ma presenti in noi e che ci permettono di riconnetterci con noi stessi.
“Dipingo come in un laboratorio cognitivo, per sondare gli oceani, per cercare gli spazi di autonomia, se esistono, verso i quali sviluppare la nostra macchina ed elaborare l’informazione, allo scopo di prendere in mano il nostro destino e cessare di essere una catena di casualità biologiche o giocattoli stupidi nelle mani di un grande ingegnere, qualsiasi esso sia […]”
Le sue grandi tele ci parlano dunque anche di libero arbitrio che, pur sembrando un’assurdità concettuale, appare come l’unico modo per uscire dal cerchio vizioso, dalle dipendenze di qualunque tipo - anche del nostro ego - dalle trappole della nostra mente, dei nostri contenitori mentali inquinati da anni di condizionamenti che ci vengono trasmessi, di generazione in generazione e che rischiamo di trasmettere alla nostra progenie …
Il confine tra percezione diversa e illusione è sottile e implica un balzo nello sconosciuto e nell’invisibile, condizione imprescindibile che ci consente di riabilitare un mondo di infinite possibilità. È un percorso ricco di insidie, i corvi (guardateli lassù…) simboleggiano la parte oscura di noi con la quale dobbiamo entrare in relazione per saperla riconoscere e non esserne più vittime, per rinascere a nuova luce a NOI STESSI, con umiltà, lucidità e tolleranza, finalmente in grado di amare…
Fecondazione, rinascita, esplosione di vita (guardate le tre tele appese), macrocosmo spaziale o rappresentazione di una pulsione cellulare?
Il nostro pensiero può influire sulla materia: magia o fisica quantistica? Vedete voi.
Nella Action Painting di Pierre, il suo corpo diventa appendice estranea alla volontà del pittore, semplice mezzo in contatto con il suo sé interiore e con gli elementi naturali - co-creatori delle sue opere - per esprimere emozione, senza il filtro del pensiero e tornare alla purezza originaria.
L’unico modo per ritrovare Godot è andargli incontro…
martedì 23 novembre 2010
lunedì 15 novembre 2010
il Bramante - ”Di che colore è il vostro divano?”
Si apre il nuovo ciclo espositivo del Godot organizzato dall’associazione culturale Osmosis. Il primo artista delle sei esposizioni è Il Bramante che presenta la sua mostra intitolata “di che colore è il vostro divano?”
L’arte de Il Bramante non pretende e NON VUOLE trasmettere messaggi ma “semplicemente” creare un contatto con il fruitore. Massima libertà dunque. Libertà assoluta di interpretazione lasciata alle sensazioni e alle percezioni di chi la guarda e libertà nel momento creativo: una materica sovrapposizione di elementi, miscele e impasti alchemici, imbrigliati da un falso monocromatico dove bianchi purissimi e neri profondi mostrano sfumature, riflessioni e profondità grazie agli spessori, alle incisioni e alle geometrie essenziali; il tutto costantemente in dialogo con la luce. Geometrie ... le punte che escono per provocare una reazione - positiva, negativa? – semplicemente una reazione.
Le cornici, onnipresenti, teatrino della performance rappresentata, o le casette che racchiudono sogni intravisti dei quali lo spettatore è l’unico protagonista appaiono come suggerimenti inseriti fra sequenze ripetitive che permettono di rinominare gli spazi in libertà assoluta. Opere in movimento in interazione con la luce.
Tutto è teso a coinvolgere lo spettatore avvolgendolo in un nuovo spazio perché il progetto (e l’ambizione) dell’artista è anche architettonico: non vuol essere espositivo fine a se stesso ma fusione con lo spazio che lo ospita per creare un nuovo luogo trasformandolo in uno scenario nel quale le comparse sono gli oggetti che si interpongono, mentre le persone diventano i reali protagonisti.
Tutto questo in un austero e scarno minimalismo che utilizza il finto monocromatico bianco e nero. Eleganza assoluta, rigore e metodo, linee squadrate che acquistano morbidezza grazie alle ombre create dalla materia. E così le ripetizioni non sono mai uguali e il bianco e nero si riempie di poesia e ricchezza. C’è un che di magico in tutto ciò.
E ora guardate le farfalle e volate con esse.
venerdì 24 settembre 2010
Benvenuti, nuovo sito del Circolo Godot di Reggio Emilia!
Contenuti pubblicati per il Circolo Godot Di Reggio Emilia. In fase di allestimento.
Parte artistica a cura di Stefano Lugli.
Parte tecnica a cura di Massimiliano Monittola.
Parte artistica a cura di Stefano Lugli.
Parte tecnica a cura di Massimiliano Monittola.
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